Molte aziende in Italia stanno sperimentando sulla propria pelle le conseguenze della mancata applicazione del c.d. Protocollo Sicurezza e delle varie Ordinanze Regionali in materia di misure precauzionali anti contagio da COVID-19; e’ infatti appena il caso di ricordare che le disposizioni di cui ai vari D.P.C.M. che si sono susseguiti nel tempo, prevedono sia sanzioni pecuniarie da 400,00 a 3000,00 Euro che la chiusura delle attività da 5 a 30 giorni.
I controlli che le Autorità Competenti stanno svolgendo in tutta Italia dimostrano che molte Aziende hanno fortemente sottovalutato le prescrizioni normative, forse non conoscendole e ricevendo informazioni parziali da parte dei propri consulenti, e si sono poi trovate spiazzate quando sono state oggetto di ispezione da parte dei NAS o di altra Pubblica Autorità.
Vediamo i casi più frequenti:
- La sanificazione degli ambienti. La normativa prevede sostanzialmente tre cose: pulizia giornaliera, sanificazione “periodica” , utilizzo di specifici prodotti in caso di presenza di un sospetto caso COVID-19 in Azienda. Per quanto riguarda la “sanificazione periodica”, è bene chiarire che non ci sono prodotti specifici indicati dalla normativa e quindi le Aziende possono utilizzare qualsiasi tipo di prodotto sanificante (non soltanto igienizzante) che garantisca l’eliminazione di almeno il 99% di germi e batteri. La periodicità della sanificazione dipende invece dal tipo di attività svolta dall’Azienda e dalla diversa tipologia dei locali da sanificare. Bagni, docce e spogliatoi per il personale vanno sanificati ogni giorno mentre uffici e sale riunioni possono essere sanificati a cadenza diversa (fatta eccezione per le scrivanie e le attrezzature varie che devono essere sanificate ogni giorno).
In ogni caso, è necessario mantenere traccia scritta sia delle operazioni di pulizia che di quelle di sanificazione onde poter dimostrare alle Autorità Competenti di aver adempiuto all’obbligo. Se si affidano operazioni di sanificazione ad una ditta esterna, allora è bene verificare che quest’ultima sia in possesso dell’abilitazione ai sensi del D.M. 274/97 (una semplice ditta di pulizie non va bene) e farsi rilasciare anche una certificazione di avvenuta sanificazione con indicazione della data di esecuzione e della tipologia di prodotti utilizzati. - Il Comitato per la gestione dell’emergenza. In pochi si sono accorti che i vari D.P.C.M. richiedono che le Aziende costituiscano un Comitato per l’applicazione e la verifica del Protocollo Sicurezza. Tale Comitato deve prevedere la presenza, tra gli altri, del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza e delle Rappresentanze Sindacali. Nel caso in cui l’Azienda non avesse rappresentanze sindacali interne, deve utilizzare i comitati territoriali costituiti dagli Organismi Paritetici per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Non sono previste deroghe di alcun tipo e quindi l’Azienda deve come minimo mettersi nella condizione di poter dimostrare di aver contattato un Organismo Paritetico invitandolo alla costituzione del Comitato; in caso contrario le sanzioni saranno inevitabili.
- La gestione di casi sospetti di COVID-19 in azienda. È necessario individuare un locale dove isolare il sospetto caso fino a quando i Servizi Sanitari lo prenderanno in carico. Detto locale dovrà poi essere sanificato ESCLUSIVAMENTE con i prodotti previsti dalla circolare del Ministero della Sanità n. 5443 del 22 febbraio 2020.
L’utilizzo di Ozono, vapore od altre metodologie alternative NON E’ CONSENTITO; in caso contrario le sanzioni scattano automaticamente. - Il recepimento del Protocollo Sicurezza. L’allegato 12, 13 o 14 (a seconda del tipo di Azienda) deve essere formalmente recepito in Azienda; ciò significa che è obbligatorio dotarsi di una procedura scritta che descriva le misure precauzionali anticontagio da adottare oppure che deve essere aggiornato direttamente il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR). Disposizioni date a voce o limitate ai soli cartelli affissi in Azienda NON SONO SUFFICIENTI ed espongono l’Impresa alle sanzioni previste dalla legge 22 maggio 2020 n. 35 (conversione del D.L. 25.03.2020 n. 19).
In conclusione possiamo quindi dire che per evitare spiacevoli “sorprese” sarebbe bene che ciascun imprenditore leggesse attentamente e di persona la normativa applicabile prima di valutare l’idoneità delle misure proposte dai propri collaboratori e che tenesse anche nella debita considerazione la propria capacità di dimostrare, in caso di ispezione, alle Autorità competenti di aver adempiuto adeguatamente a tutte le prescrizioni normative. Inoltre, sono stati creati diversi protocolli e certificazioni, riconosciute da enti di controllo, che possono aiutare gli imprenditori a non incappare nelle sanzioni per la mancata esecuzione delle misure di prevenzione. Tra le più importanti troviamo la certificazione Virus Shield della Essemme Soc. Coop. di Viterbo.